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Mussini torna in Italia: cos’è cambiato in due anni?

Federico Mussini ha deciso di tornare a Reggio Emilia e iniziare la propria carriera da professionista dopo un biennio di luci e ombre con St. John’s.

L’esperienza americana di Federico Mussini è ufficialmente giunta a termine lo scorso 6 giugno con la firma del contratto triennale con la società che lo ha cresciuto, la Pallacanestro Reggiana. In queste due stagioni con St. John’s, il Musso è stato il giocatore messo maggiormente sotto la lente d’ingrandimento fra quelli che compongono la crescente pattuglia italiana del college basket – con Davide Moretti, il numero di nostri connazionali in Division I è recentemente salito a undici.

Ripercorriamo brevemente, qui, il biennio a stelle e strisce di un Mussini alle prese con gli ostacoli più vari: un programma in ricostruzione, l’impatto con la fisicità della Big East, ruolo e minutaggio mutato da un’annata all’altra.

Le statistiche di Federico Mussini nei suoi due anni a St. John’s stats.washingtonpost.com

I RISULTATI OTTENUTI CON ST. JOHN’S – Giunto a New York proprio in coincidenza col nuovo ciclo segnato dall’arrivo di Chris Mullin in panchina, l’anno da freshman di Mussini è stato il più duro fra i due vissuti con la maglia dei Red Storm. L’ineleggibilità di Marcus LoVett aveva scombinato i piani di St. John’s in maniera radicale, costringendo Mullin a dare molti più minuti del previsto al Musso, sempre posizionato in cabina di regia. La non-conference season – ovvero il primo mese e mezzo di stagione – era stato certamente il suo periodo più felice (14.0 punti e 2.7 assist in 35.1 minuti d’utilizzo nei primi 13 incontri), culminato con l’upset ai danni di Syracuse (84-72) al Madison Square Garden in cui il reggiano – con 17 punti e diverse triple pesanti – fu il mattatore dell’incontro insieme ad Amar Alibegovic.

Dopo alcune avvisaglie riscontrate già in precedenza, la stagione nella Big East era stata poi contrassegnata da risultati magrissimi per i Johnnies (1 vittoria e 17 sconfitte con conseguente ultimo posto nella conference) e di grandissima fatica – innanzitutto sul piano fisico – per Mussini, il quale ha visto calare progressivamente il proprio minutaggio fino a perdere il posto nello starting five nella parte conclusiva dell’annata. Piuttosto emblematico, in questo senso, il suo secondo incontro in assoluto nella Big East: una trasferta con sconfitta netta sul campo di Providence in cui il numero 4 di St. John’s venne travolto da Kris Dunn in entrambe le metà campo, chiudendo il match con 3 punti e 1 assist in 16 minuti.

Pur soggetta ad alti e bassi pressoché continui, la stagione appena passata ha visto i Red Storm raccogliere risultati migliori rispetto al 2015/16 (6 vittorie in più, Georgetown e DePaul lasciate alle spalle nella classifica della Big East) pur registrando ancora un record negativo (14-19). La squadra si è poggiata principalmente sul nuovo backcourt duo formato da Shamorie Ponds (17.4 punti e 3.1 assist) e Marcus LoVett (15.9 + 3.8), situazione che ha implicato un sensibile ridimensionamento dell’impiego di Mussini (oltre 10′ in meno rispetto all’anno da freshman), ora sesto-settimo uomo nelle rotazioni di Mullin. St. John’s ha chiuso la propria annata con l’eliminazione al secondo turno del torneo di conference (un pesantissimo -41 coi campioni di Villanova) e un bilancio vinte/perse che, comprendendo sconfitte con avversari di basso rango come Delaware State e LIU Brooklyn, non ha permesso alla squadra del Queens di poter ambire ad alcuna post-season nazionale.

Federico Mussini in azione sul parquet di Butler lo scorso 16 febbraio. Quel giorno mise insieme un losing effort da 20 punti e 3 assist in 31′ | © photo: espn.com

COS’È CAMBIATO E COSA RESTA DA MIGLIORARE – Oltre alla riduzione dei minuti in campo, un cambiamento molto importante per Mussini nel passaggio da freshman a sophomore è consistito nel suo impiego off the ball: se durante il primo anno era necessario che giocasse esclusivamente da playmaker, nel secondo, invece, i minuti da shooting guard sono stati molti e hanno caratterizzato fortemente il suo gioco. A risentirne positivamente sono state innanzitutto le sue percentuali da tre, tornate a livelli di assoluta eccellenza (dal 30.4% al 42.7%) e che gli hanno permesso in alcune occasioni di essere decisivo nella metà campo offensiva pur con minutaggi minimi.

Lo svincolo parziale dalle responsabilità di ball handler principale ha avuto però un suo rovescio della medaglia: i pochi minuti da play, uniti – e questo è ancora più importante – alle difficoltà offensive della squadra nel suo complesso (reparto lunghi molto poco incisivo, contributo di Ponds e LoVett notevole ma non di rado affidato a soluzioni individuali), sembrano aver congelato i progressi di Mussini nel far girare i compagni dalla cabina di regia. Le sue caratteristiche fisiche lo condannano a non poter fare all-in sulle proprie doti di realizzatore e a dover quindi sviluppare al massimo visione di gioco, qualità delle scelte e doti di passaggio: questa sarà la sua più grande sfida personale al ritorno in Italia, ovvero in un contesto professionistico in cui magari, da un lato, potrà veder meglio mascherate alcune sue debolezze ma che al contempo presenterà un più alto livello di difficoltà in termini di complessità tattica.

Uno degli aspetti più interessanti che si prospettava al momento della sua scelta di andare negli USA, riguardava la possibilità di poter rinforzare un fisico molto gracile, specialmente nella parte alta. A cavallo fra le due stagioni a St. John’s, questa crescita è effettivamente avvenuta (circa 9 kg in più). La buona notizia è che i chili in più sembrano proprio essere stati aggiunti in maniera armonica, tale da non inficiare la sua agilità. La cattiva notizia, è che Mussini sembra ancora distante dal poter sfruttare appieno questa crescita.

Nella metà campo difensiva, il suo uno-contro-uno ha registrato qualche leggero miglioramento ma appare ancora carente nel complesso – che si tratti di reggere fisici più massicci, tenere sugli scivolamenti o di posizionarsi in modo efficace per guadagnare uno sfondamento. Anche la difesa sui pick and roll – suo principale tallone d’Achille da freshman – è stata soggetta a risultati altalenanti.

Nella metà campo offensiva, sono state rarissime le occasioni per verificare la capacità di assorbire i contatti (e più in generale, quella di attaccare l’area), dato che la maggior parte delle sue soluzioni sono arrivate ben lontano dal canestro – quasi il 70% dei suoi tentativi dal campo sono giunti da dietro l’arco. La trasferta d’inizio dicembre contro Tulane (17 punti in 27′ con 6/9 dal campo) aveva fatto ben sperare in questo senso e non solo, con un Mussini estremamente puntuale nell’attaccare l’area con tagli in backdoor sfruttati sia per concludere che per fornire scarichi ai compagni. Quel Mussini e quella St. John’s – così brava nel far circolare il pallone – hanno però concesso davvero poche repliche nel proseguimento della stagione.

La prestazione offerta nella vittoria al Garden contro Marquette a inizio febbraio rappresenta in qualche modo il compendio perfetto di ciò che è stato il Musso, quest’anno, sia nei suoi aspetti migliori che in quelli peggiori. Un incontro che l’aveva visto calcare il campo soltanto per dieci minuti e in cui, non riuscendo ad aggirare i blocchi portati per Andrew Rosey, aveva sofferto enormemente in difesa ma trovato tempo sufficiente per piazzare due triple che ben lo rappresentano: una dal palleggio – bella e improbabile – e un’altra in catch-and-shoot dall’angolo, fondamentale nel ricacciare indietro il tentativo di rimonta dei Golden Eagles.

I due anni al college ci restituiscono dunque un Mussini sempre mortifero negli aspetti migliori del suo repertorio offensivo e che, dal punto di vista caratteriale, ha risposto sempre nel miglior modo possibile ad avversità e ridimensionamenti che gli sono stati imposti. Il lavoro da compiere sui suoi punti storicamente deboli è però ancora sostanzioso.

 

© photo: Zach Bolinger | Icon Sportswire

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