Europa

L’idea di Aíto García Reneses: creare una lega universitaria di pallacanestro

La traduzione di un articolo de El Confidencial sull’idea di Aíto García Reneses: una lega universitaria di pallacanestro.

Non è conveniente che Aíto García Reneses stia troppo a lungo senza allenare, per varie ragioni. È uno spreco che un tecnico del suo livello non sia su una panchina. E, il tanto tempo libero, gli permette di pensare ed avere idee in grado di capovolgere il sistema di pallacanestro spagnolo. “Un anno senza allenare ti permette di fare altre cose”, dice il tecnico madrileno, senza una squadra da quando ha lasciato Gran Canaria la scorsa estate.

In questa stagione ne ha approfittato per riposare, guardare partite, collaborare con l’Estudiantes e dare il via alla sua fondazione. E anche per delineare un’idea che aveva in mente da anni, ma che fino ad ora non era stato in grado di promuovere: creare un campionato universitario di pallacanestro.

Il piano è ancora in una fase iniziale, ma Aíto è ottimista. “Ho iniziato a pensare a questa soluzione diversi anni fa, credo che sia conveniente dal punto di vista di un giocatore, potersi formare personalmente e non solo giocare a basket. In questo caso sarebbe un buon mix: un campionato universitario con giocatori in grado di studiare“, spiega Aíto in una conversazione telefonica con El Confidencial.

“Tutto ciò che è nuovo non è facile da realizzare, ma spingerlo per me è sufficiente. Per questo ho parlato con persone che vivono nel mondo della pallacanestro (giocatori ACB, allenatori, dirigenti) e nell’ambito universitario (rettori, insegnanti dedicati allo sport all’interno delle università) e con l’ammistrazione di Stato. Ne abbiamo discusso apertamente e tutte le parti si sono dimostrate interessate“, dice l’allenatore.

 

Il problema della transizione al professionismo

L’idea nasce dall’analisi di uno dei grandi problemi del basket spagnolo: la difficoltà nel passaggio dalle categorie giovanili al professionismo. C’è un periodo critico nella formazione ed è compresa tra i 18 e i 22 anni, segnala Aíto, in cui molti giocatori restano in un limbo. Nella maggior parte dei casi questo non è dovuto alla mancanza di qualità, ma semplicemente perché non sono ancora pronti ad esprimersi al massimo livello.

Il nostro livello è molto alto e solo i più dotati possono avere le opportunità che hanno avuto Ricky Rubio o Rudy Fernández, ossia arrivare ed imporsi”. Non è così facile. Alcuni giocatori hanno bisogno di più tempo, come ad esempio Sergio Llull. Questa è la normalità. E non parliamo di giocatori alti, che necessitano di più tempo per svilupparsi”.

La Federación Española de Baloncesto sta cercando di trovare la soluzione allo stesso problema di cui parla Aíto. La FEB ha infatti annunciato un cambiamento delle proprie priorità, che si concentreranno maggiormente sulla formazione dei giocatori rispetto al raggiungimento dei titoli. Sergio Scariolo, allenatore della Nazionale maschile e nuovo coordinatore tecnico della Federazione, “è entusiasta all’idea di un campionato universitario” dice Aíto, dopo aver incontrato l’allenatore italiano durante la recente Final Four di EuroLeague.

I due condividono un’analisi: la competizione ha messo alle strette la formazione. “Succede con i nostri cadetti, juniores, Under 22… tanto nella Federazione quanto nei club. Non voglio dire che non si deve aspirare a vincere, ma cerco di convincere le persone che sia gli anziani che i giovani devono allenarsi. E tramite l’allenamento si può vincere. Ma non cercando un risultato a breve termine, perché questo influisce in maniera negativa sul futuro”.

La sua idea è nuova vista l’intenzione di coinvolgere le università ma, qualora andasse avanti, non sarà la prima competizione pensata dalla Spagna per i giocatori di quella fascia d’età. Tra i 2005 e il 2009, infatti, è stato giocato il Circuito sub-20, un torneo organizzato dalla ACB e dalla FEB con l’obiettivo di dare un’alternativa competitiva in una fase critica per la formazione di un giocatore. Giocatori come Llull, Mirotic, Ibaka sono passati da quel torneo.

 

Collaborazione tra club e università

È ovvio che le competizioni universitarie degli Stati Uniti sono l’esempio a cui Aíto si è ispirato per lanciare il suo progetto, ma la sua intenzione non è quella di copiare il modello (impossibile farlo, tra l’altro). In Spagna, e nel resto dell’Europa, lo sport si basa sui club e non sugli istituti d’istruzione. Ecco perché l’idea di proporre una collaborazione. “La prima idea è che le squadre collegate ai club di ACB, invece di essere in EBA o LEB, siano nel campionato universitario. Questo non esclude che ci possa essere qualche università che voglia farlo in autonomia”, spiega Aíto.

“Occorrerebbe stabilire regole tra tutti gli interessati (università, federazioni, club, ACB, giocatori, allenatori): una discussione aperta, per capire cosa ne pensano tutti. Ma la struttura elaborata, che rispecchia una transizione dal basket giovanile a quello senior, definisce una competizione formativa piuttosto che professionale”, prosegue il madrileno, che conferma che “ci sono molte università disposte a partecipare a un progetto di questo tipo”. In Spagna ci sono già gare sportive universitarie, ma di livello molto basso.

Ci sono ancora aspetti importanti da definire, come ad esempio le borse di studio. Negli Stati Uniti il sistema di borse di studio sportive è molto più sviluppato rispetto all’Europa. “La sensazione che ho dopo i contatti avuti con le università è molto positiva, perché sono interessate e penso faciliterebbero il tema dello studio dei giocatori”, dice l’ex allenatore della nazionale, che crede che un buon campionato universitario “avrebbe un fascino per le televisioni e i marchi commerciali“.

Aíto è consapevole dei problemi del sistema americano: “Le università guadagnano denaro e i giocatori se lo vedono passare davanti”, dice, ma non crede che questa problematica sia replicabile qui. “Negli Stati Uniti la pallacanestro universitaria è molto sviluppata, mentre in Europa non esiste. Se saremo i primi a farlo, non possiamo pensare a un problema che non esiste. Non dovremmo lasciare volare l’immaginazione, ma intavolare il percorso nel miglior modo possibile per gli interessi della nostra pallacanestro”. Pensa lo stesso quando gli viene chiesto di una possibile espansione in altri paesi: “Vogliamo che questo si rifletta nella realtà e, se e quando sarà il momento, valuteremo se estenderlo ad altri paesi, division o, naturalmente, alla pallacanestro femminile”.

Aíto ha vinto quasi tutto, ma la sua grande eredità dopo oltre 50 anni di pallacanestro non sono i suoi titoli, ma il suo aspetto come formatore e innovatore. Ciò si riflette nell’idea del campionato universitario, di cui è convinto: “Se riusciamo a fare ciò che stiamo proponendo, non ci sarà alcun dubbio sulla possibilità di migliorare i giocatori”, dice, confrontando ciò che ha in mente con quello che sta accadendo proprio ora nelle università americane, dove approdano sempre più giocatori spagnoli.

Per poter andare avanti, il progetto dovrà aggregare tutta la pallacanestro spagnola. Ma se c’è qualcuno in grado di farlo, questo è Aíto.

 

Fonte e © photo: elconfidencial.com