INTERVISTE

ITALHOOP intervista Davide Moretti

ITALHOOP intervista Davide Moretti, una delle stelle più brillanti del basket italiano. Dal Jordan Brand Classic fino alle competizioni internazionali in maglia azzurra, scopriamo gli obiettivi di Davide in un’intervista esclusiva

Sotto i riflettori, da sempre. Sentiamo parlare di Davide Moretti ormai da diverso tempo, dimenticando forse che il ragazzo ha compiuto da pochi mesi 17 anni.

Finali Nazionali, Jordan Brand Classic, tre Europei e un Mondiale sotto età sono soltanto alcuni dei traguardi che ha raggiunto Davide nel corso della sua, seppur breve, carriera. Basterebbe questo forse a descrivere che tipo di giocatore ci troviamo davanti, ma noi siamo voluti andare oltre, scoprendo da dove è nata la sua passione per la pallacanestro e come, in campo, riesce a fare la differenza. Da sempre.

 

Quand’è che hai pensato “voglio diventare un giocatore di pallacanestro”?

“Il mio sogno è di diventare un grande giocatore, come lo è stato mio padre. Purtroppo non mi ricordo le sue prestazioni in campo perché ero veramente troppo piccolo, ma mi hanno sempre portato a vederlo giocare fin da appena nato. Posso dire quindi di aver vissuto di pallacanestro praticamente da sempre! Ho praticato molti sport, ma il passare le serate d’estate a guardare in videocassetta le gare del mio papà mi ha fatto innamorare sempre di più di quel giocatore e mi ha portato a dire “voglio diventare come lui”.

Per chi non lo sapesse suo padre è Paolo Moretti, attuale allenatore della Pallacanestro Varese e storico giocatore, tra le altre squadre, della Virtus Bologna (3 scudetti con le V nere nel quadriennio 1992-1996) e della Nazionale italiana.

 

Com’è il tuo rapporto con lui? Ti consiglia su cosa fare in campo oppure preferisce non intervenire?

“È semplicemente il mio punto di riferimento perché vediamo la pallacanestro allo stesso modo. È sempre presente quando ne ho bisogno, ma cerca di non essere troppo oppressivo: preferisce che lo cerchi io piuttosto che lui, ma se si sente in dovere di farmi capire o di dirmi qualcosa lo fa. Io, con il tempo, ho capito che lo fa per il mio bene e non per rimproverarmi: cerca di insegnarmi quel qualcosa che io da fuori non posso vedere.È sempre pronto con il consiglio giusto, la tattica, i suggerimenti, cose che per me sono state e sono tutt’oggi importantissime”.

 

Dalle nazionali giovanili fino all’esperienza della prossima stagione in serie A2, hai praticamente giocato sempre sotto età. Quali sono le maggiori difficoltà che incontri? Quali invece i punti di forza che cerchi di sfruttare?

“Fin da quando ero bambino ho sempre giocato con ragazzi più grandi di me e con il tempo mi sono abituato ad una fisicità differente dalla mia. Essendo più piccolo rispetto agli altri ho sempre cercato di sfruttare la mia velocità, ma ho anche dovuto sviluppare la mia comprensione del gioco e la capacità di crearmi dei tiri. Le difficoltà maggiore è legata all’atletismo dei miei avversari, essendo comunque più grandi di 1-2 anni rispetto a me, ma sto lavorando anche in questa direzione per colmare il gap. Credo comunque che tutte queste esperienze, compresa la Serie A con Pistoia l’anno scorso, mi abbiano permesso di diventare un giocatore migliore”.

 

Ti abbiamo visto durante l’Europeo U18 di Volos giocare anche in posizione di playmaker. Ti ci vedi in questo ruolo oppure ti senti una guardia pura?

“Io mi sento un playmaker in grado di fare canestro quando la squadra ne ha bisogno. Quest’anno giocherò molto da playmaker: adoro far giocare la squadra e mettere in ritmo o far esaltare un mio compagno”.

 

Conosciamo tutti la tua grande capacità nel fare canestro. Qual è secondo te un aspetto sottovalutato nel tuo gioco ma che credi sia già di buon livello?

“Il passaggio, come ho già detto mi piace moltissimo innescare i miei compagni mettendoli in ritmo o realizzando un assist. Fino ad oggi mi è stato chiesto di essere più un realizzatore che un costruttore di gioco, ma credo di saper passare correttamente il pallone. Ovviamente questo fondamentale, così come il tiro e tutti gli altri, è sempre migliorabile”.

 

Negli ultimi mesi sei stato impegnato nelle Finali Nazionali Under 17 di Treviso, in quelle DNG di Udine e nell’Europeo U18. Tempo di staccare la spina non ce n’è praticamente stato: su quali fondamentali hai lavorato questa estate?

“Ho lavorato molto sul palleggio, perché non mi sento ancora sicuro al 100% in alcuni aspetti. Per giocare da playmaker il palleggio è fondamentale ed io voglio sviluppare il mio gioco in questa direzione”.

 

Anche i giocatori a cui si ispira Davide, ci fanno capire la sua idea di pallacanestro e la sua voglia di progredire il suo gioco verso questa direzione“Giocando in due posizioni mi ispiro a diversi giocatori, sia del passato che attuali e sono quelli che amo vedere maggiormente. Il mio giocatore preferito è Stephen Curry: credo sia il giocatore più forte e meno dotato fisicamente di tutta la NBA, ma con la palla fa letteralmente quello che vuole; poi è un playmaker che sa fare canestro e in questa sua caratteristica mi ci rispecchio. Un altro playmaker che mi piace moltissimo è Jason Williams, che ha una capacità unica nel fare giocate spettacolari ma al tempo stesse giuste. Nel ruolo di guardia, invece, ammiro moltissimo Manu Ginobili per l’intelligenza e la leadership che riesce a portare in campo. Dopo Manu, metto mio padre senza dubbio!”

 

Chiudiamo la nostra chiacchierata con Davide augurandogli una buona stagione con la maglia del Basket Treviso, società di Serie A2 che ha deciso di puntare ad occhi chiusi su questo giovane talento italiano affidandogli un ruolo chiave all’interno di un roster di primo livello.

Sotto i riflettori, appunto. Da sempre.

 

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© photo: FIBA Europe / Ciamillo-Castoria