INTERVISTE

“Time-out con il Coach” – Giuseppe Mangone

Torna la rubrica settimanale che dà voce ai responsabili dei settori giovanili più importanti d’Italia. Oggi ringraziamo per la disponibilità coach Giuseppe Mangone, della Vanoli Cremona e assistente della nazionale maschile Under16.


  • Qual è la sua visione sulla pallacanestro giovanile italiana in questo momento? C’è qualcosa in particolare che cambierebbe?

In un momento di difficoltà la fotografia è sicuramente eterogenea. Alcuni Club programmano e investono con serietà nel reclutamento e nella formazione dei propri allenatori, altri aprono connections verso High School e College.Le strutture e gli spazi, supportati da un’adeguata competenza degli staff tecnici e fisici possono fare la differenza, ma occorre chiarezza su che tipo di giocatore si vuole formare per il professionismo. Se ai ragazzi (nel nome della vittoria), viene imposto troppo presto di “eseguire” senza poter scegliere o capire, il processo di apprendimento frena bruscamente, il talento e la passione si assopiscono, la personalità si inibisce.Sperimentare e sviluppare le proprie abilità permette di accrescere le proprie sicurezze. Scegliere, con tutte le conseguenze che  ne comporta, aumenta il bagaglio di esperienza. A maggior ragione, compiere scelte all’interno di un gruppo (intrecciandosi con quelle dei compagni), crea SENSO DI RESPONSABILITÀ. 

  • Per quanto riguarda le nazionali giovanili, cosa ne pensa? C’è qualcosa che farebbe in modo diverso?

Ogni convocazione, raduno o torneo è una parentesi di crescita nel percorso di un giocatore, allenatore, ma anche di un preparatore, di un medico o di un fisioterapista.Ho avuto l’onore e il piacere di vivere un’esperienza in azzurro con Andrea Capobianco e Antonio Bocchino, persone straordinarie, e l’entusiasmo con cui sono tornato in palestra dopo aver indossato quella maglia, non è quantificabile. Confrontarsi con altre nazioni arricchisce giocatori e staff, e l’esperienza accumulata diventa essenziale nello sviluppo di un atleta. Sarebbe bello se i ragazzi potessero giocare più tornei. In questi anni ho seguito con interesse, il programma tecnico del Settore Squadre Nazionali di Israele, che in 5 anni è passata dalla “Division B” all’affermazione al Campionato Europeo U20 del 2019. Ci sono tanti spunti interessanti.E leggendo la vostra intervista a Coach Germano D’Arcangeli, mi ha incuriosito la sua idea di comunicazione basata sullo Storytelling: molto interessante.

  • Un argomento molto discusso è il Minibasket, cosa ne pensa di quello che viene fatto e della metodologia attuale?

Passato questo periodo non semplice, ricoprirà un ruolo rilevante nell’accendere la passione dei futuri mini cestisti. Un desiderio messo a dura prova dalle restrizioni e dalle paure della pandemia. E’ importante che i piccoli passino più tempo al campo: 2 ore alla settimana non consentono di destare il fuoco sacro della passione. Servono idee, eventi e momenti che permettano ai bambini e alle loro famiglie di accrescere il proprio senso di appartenenza e di quotidianità legato alla Palestra della propria società.Sulla metodologia non entro in merito, non è nelle mie competenze.

  • Quali sono le caratteristiche principali e la filosofia del suo club?

Partiamo dall’idea di programmare il percorso degli atleti in modo che siano pronti quando conta. Avere fretta non paga. Lo sviluppo individuale del giocatore è una priorità. Cominciamo sempre dall’aspetto mentale: vogliamo infondere auto esigenza. Ogni giovane chiede tanto a se stesso, e raccoglie (ad ogni allenamento) la sfida di divenire una persona migliore, affrontando le proprie lacune. Si parla di sconfitte e di fallimenti, parole delicate e a mio avviso poco sviscerate in ambito familiare e scolastico, ma decisive per intraprendere un percorso di successo, prima di tutto come studenti “vincenti nella vita”, e successivamente come giocatori.Crediamo fermamente nello sviluppo dei fondamentali e cerchiamo di offrire strumenti funzionali al gioco e soprattutto alla comprensione.
Lo staff fisico riveste un ruolo cruciale nel percorso di crescita degli atleti. Abbiamo due preparatori (coordinati dal Preparatore Jacopo Torresi, che funge da formatore e supervisore) che quotidianamente ne accompagnano lo sviluppo. Il TIRO è il main topic nel Programma. La confidenza in questo fondamentale è un aspetto da non sottovalutare: accresce la sicurezza e l’autostima. Meo Sacchetti dice sempre che non c’è niente di peggio di un giocatore che scende in campo con la paura di sbagliare. Niente di più vero.Disporre di una squadra con più atleti in grado di tirare con buona efficacia, incoraggia il PASSAGGIO, altro fondamentale chiave che crea a sua volta la CHIMICA di un team. Si passa dagli errori, se ne impara il peso, le tipologie, la consistenza e le conseguenze. Non possiamo farne a meno se vogliamo arrivare alla CONOSCENZA.I prospetti più interessanti partecipano alle sedute della Prima Squadra, in cui Paolo Galbiati li allena con la stessa attenzione che mette con i Senior: capite bene che il senso di responsabilità, l’autostima e le motivazioni fanno un balzo incredibile.

  • In serie A e A2 non sono molti i giovani che trovano spazio, perché? Non c’è fiducia o non sono preparati?

Qualche giovane comincia ad affacciarsi in modo importante e sono fiducioso che nei prossimi 2/3 anni la situazione possa migliorare ulteriormente.I fattori per cui possono trovare poco spazio sono molteplici: la necessità di un risultato positivo incombe e può spaventare un allenatore, ma il settore giovanile può fare molto di più per “consegnare” un giovane maggiormente preparato (mentalmente e tatticamente) e pronto all’impatto. Nessun bravo allenatore terrà mai a sedere un giocatore forte, poiché giovane.Costruire un dialogo aperto con la Prima Squadra ci consente di avere feedback quotidiani, che permettono quei piccoli aggiustamenti sulla programmazione utili al miglioramento. Dobbiamo e possiamo essere un supporto ed una risorsa.

  • C’è un qualche pensiero o idea che avrebbe voglia di condividere?

Ho un paio di pensieri che condivido:
1) Penso sempre a quanto sia bello passarsi la palla e come avvolte, purtroppo, diventi un obbligo legato all’esecuzione, e non più una lettura. Non c’è niente di più affascinante di una collaborazione (attraverso l’apprendimento di adeguati strumenti)  basata sulla ferma volontà di costruire un vantaggio per un compagno.
COOPERARE per vincere e amore per il gioco di squadra: è quello che proviamo ogni giorno a trasmettere durante ogni singolo allenamento. Allora qualsiasi Set Offensivo passerà in secondo piano, e avremo davvero un giocatore autonomo
2) L’importanza di giocare un Torneo, un Interzona, una Finale Nazionale: partite ravvicinate, poco tempo per la preparazione, gestione delle forze, e match ad eliminazione. E’ tutto così stimolante. Nascono le VERE gerarchie, si impongono i primi leader all’interno del gruppo; quelli veri, perchè è il campo che parla, e non il Coach. Si creano legami forti, nascono amicizie importanti e ricordi indelebili. Una lacuna frequente nei giovani è la gestione dell’errore o come vivere un fallimento (una sconfitta, una pessima performance): in questi casi, dopo una partita non c’è tempo per abbattersi poiché il giorno successivo andrà in scena un altro match ancora più importante. Situazione perfetta per resettare e guardare avanti: ed è proprio quello che servirà in una partita, dove le azioni si susseguono senza sosta, ed un passaggio a vuoto prolungato può cambiare l’inerzia in maniera decisiva.


Grazie ancora a Coach Mangone al quale ItalHoop augura un buon proseguimento di stagione.

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