INTERVISTE

“Time-out con il Coach” – Lorenzo Gandolfi

Per il nuovo appuntamento con la nostra rubrica dedicata ai tecnici dei più importanti settori giovanili del panorama nazionale, oggi ha risposto alle nostre domande Lorenzo Gandolfi, responsabile di Pallacanestro Forlì 2.015.

  • Qual è la sua visione sulla pallacanestro giovanile italiana in questo momento? C’è qualcosa in particolare che cambierebbe?

Argomento molto complesso e si rischia, in poche righe di banalizzarlo.
Non esiste medicina o bacchetta magica. Si dovrebbe partire dal trovare il modo per consentire una adeguata programmazione e una continuità alle scelte e al lavoro che un settore giovanile deve fare.
Programmazione e quindi continuità sono alla base di tutto, ti permettono scelte con una visione nel lungo periodo.
Per poter fare questo ci deve essere però tranquillità economica del club e soprattutto degli allenatori, regolando la loro figura professionale.
I settori giovanili che continuano a fare lavoro di qualità sono quelli che hanno gli stessi allenatori da molto tempo, situazione in cui sia magari anche possibile sperimentare.
Grazie ai dodici anni passati a Rimini con lo stesso staff e alla programmazione a lungo termine che la proprietà ci chiedeva, ora Rimini è una delle società che incassa una delle più alte quote di premi NAS annuali.
Ridare sempre di più centralità al lavoro e soprattutto alle idee degli allenatori, ma non nel solo club, intendo a livello nazionale.
Molto interessante il lavoro nato durante il lockdown di #basketevoluzione, dove molti allenatori di settore giovanile si sono confrontati su temi soprattutto non tecnici.

  • Per quanto riguarda le nazionali giovanili, cosa ne pensa? C’è qualcosa che farebbe in modo diverso?

Argomento delicato. Di sicuro non sono “l’espressione di un movimento”, ma sono un’eccellenza, che per alcuni giorni lavora insieme.
Per i singoli ragazzi si tratta di un’esperienza fantastica, fino a poco tempo fa unica, mentre ora ci sono club che partecipano a manifestazioni che si possono considerare allo stesso livello di un campionato europeo per nazionali.
Troppo spesso il confronto con gli allenatori del club è affidato solo alla “buona volontà” dell’allenatore di turno.Diverso il discorso precedente alle competizioni internazionali. Generalizzare è sempre sbagliato, ma troppo spesso assistiamo al “giochino” di qualche dirigente regionale. Tornei, raduni e allenamenti che vanno ad intralciare il lavoro dei club di alto livello. Situazioni che non servono ai ragazzi che fanno già un importante lavoro, mentre sarebbero molto importanti per quei ragazzi interessanti a cui il proprio club non riesce a garantire l’adeguato livello competitivo in allenamento.

  • Un argomento molto discusso è il Minibasket, cosa ne pensa di quello che viene fatto e della metodologia attuale?

Purtroppo (o per fortuna…) da molto tempo mi occupo poco di minibasket.
Troppo spesso lo si è considerato una cosa a parte, un altro mondo.
Quindi meno “parco giochi” e molto più scuola, dove imparare a come si sta in palestra e magari iniziare a giocare a basket.

  • Quali sono le caratteristiche principali e la filosofia del suo club?

In queste quasi tre stagioni, abbiamo cercato di creare una cultura, con un programma di lavoro, cercando di essere esigenti e rendere i ragazzi responsabili. Far capire loro che sono fortunati ad essersi meritati un’opportunità.
Lo sport è uno degli ultimi ambienti rimasti che ti insegna come la trasformazione del tuo potenziale non passa da scorciatoie.Vorremmo formare ragazzi che siano pronti, anche mentalmente e fisicamente, a far parte di una prima squadra.
Forlì è una città di basket, con molta passione e seguito, con diverse realtà da unire in obiettivi comuni. Negli anni ci sono stati anche bravi allenatori nel settore giovanile ma è sempre mancata la programmazione e soprattutto la continuità di cui parlavamo prima.

  • In serie A e A2 non sono molti i giovani che trovano spazio, perché? Non c’è fiducia o non sono preparati?

Molto probabilmente è una domanda da fare più agli allenatori delle squadre senior.Ho partecipato per qualche anno alle più importanti manifestazioni a livello giovanile europeo e devo dire che i nostri ragazzi non sfiguravano, anzi.
Ho visto spagnoli, slavi, est e nord Europa, tedeschi, russi e baltici.
Siamo sicuramente indietro come attenzione sul settore giovanile, per esempio in Spagna ci sono blog e canali video dedicati ai giovani, o come strutture (imbarazzante il paragone con Ungheria e Polonia), ma i ragazzi erano in grado di competere e quindi, fino a una certa età siamo a livello delle altre nazioni.
Il processo di un settore giovanile è fatto di tre parti: reclutamento, formazione e sviluppo. Sicuramente dobbiamo tornare a lavorare e migliorare il primo e probabilmente il problema è nell’ultimo: lo sviluppo.
Per esempio si potrebbero togliere gli obblighi degli under nelle squadre senior e sostituirli con premi economici; permettere le seconde squadre in cui far giocare i ragazzi nei campionati senior, come da molti anni fa il volley, e smettere di trattarli come dei panda da proteggere.
Certo, non brilliamo per far in modo che gli allenatori dei campionati “senior” lavorino con tranquillità e possano costruire, il “tutto e subito” è diventato deleterio. Quante volte assistiamo a critiche e poi le cose cambiano, molto spesso basta lasciarli lavorare….. ma è anche vero che arriva l’olandese a Varese e sembra un marziano…

  • C’è un qualche pensiero o idea che avrebbe voglia di condividere?

Potremmo divertirci a parlare finalmente di svincolo…… oppure di come riconoscere una parte dei premi nas agli allenatori…. 
Quanto tempo abbiamo?


Grazie ancora a Coach Gandolfi al quale ItalHoop augura un buon proseguimento di stagione.

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